Un salto all'indietro, per fare un balzo in avanti.
- Carlo Colombo

- Mar 14, 2021
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Updated: May 3, 2021
Un salto all’indietro e siamo nel sessantotto, anno in cui accadevano cose importanti nel mondo che avrebbero influito di gran lunga sugli anni a venire. Tra gli avvenimenti di allora ricordiamo le Olimpiadi di Città del Messico e, in particolare, il salto in alto. Disciplina in cui avvenne qualcosa di nuovo, di originale che rivoluzionò per sempre il modo di superare l’asticella. Era il 20 ottobre, un dinoccolato studente universitario americano di 21 anni portò il record mondiale a 2 metri e 24.
Come fece? Mentre gli altri atleti usavano lo stile ventrale, Dick Fosbury saltò di schiena. Come mai? Dove nasceva quella tecnica in apparenza strampalata?
Torniamo a qualche anno prima, Dick è un adolescente dell’Oregon, alto, magro, pelle chiarissima e capello corto, gioca a basket ma resta sempre in panchina. È attratto dall’atletica, ma ne è respinto: inciampa nel salto ventrale. Si sente frustrato, ma non molla, prova e riprova finché realizza che non ha abbastanza potenza per saltare come gli altri. Intuisce che avvitandosi in una specie di capriola e saltando “di schiena”, lo slancio è di gran lunga maggiore, e può saltare molto più in alto. Quando nel college arrivano i materassi in gommapiuma, può finalmente cadere senza farsi male. In ogni caso, tutti pensano che sia uno svitato, nessuno crede alla sua tecnica.
Torniamo a Città del Messico. È il 20 ottobre Fosbury è in pista per l’ultimo tentativo, si dondola tutto, guarda le scarpe di diverso colore, i metri che mancano all’asticella, trascorrono quattro minuti e mezzo, un’eternità. Lo stadio è in assoluto silenzio: tutti pensano: “L’americano non parte”. Invece è partito, Dick stringe i pugni e ripete a se stesso: “I can do it, I can do it, I can do it”. Corre, conta le falcate, si gira, mentre stacca lascia a terra i timori, i dubbi e si lancia di schiena oltre l’asticella. Il suo non è soltanto un salto all’indietro, è un balzo in avanti, nel futuro: stava semplicemente imponendo il suo stile nell’atletica mondiale.

In definitiva, cosa fece Fosbury?
Non si arrese, non pensò di essere inadeguato per il salto in alto. Ritenne, invece, che lo stile ventrale, adottato da tutti, non faceva al caso suo: non sarebbe arrivato da nessuna parte. Adattò, invece, il modo di saltare alle sue caratteristiche fisiche.
Fosbury aveva trovato la strada, la sua strada.
E noi?
Quante volte ci capita di sentirci inadeguati? Come reagiamo di fronte a queste situazioni?
Perché, in quel momento, non pensiamo di inventare il nostro modo di saltare?



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